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Il romanzo italiano rientra in fabbrica: "Vincenzina ora lo sa" di Maria Rosaria Selo

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Vincenzina ora lo sa
di Maria Rosaria Selo
Rizzoli, 2023

pp. 274
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il testo di una delle canzoni più profonde di Enzo Jannacci canta così:
"Vincenzina davanti alla fabbrica/ Vincenzina il foulard non si mette più./ Una faccia davanti al cancello che si apre già./ Vincenzina hai guardato la fabbrica/ come se non c'è altro che la fabbrica./ E hai sentito anche odor di pulito/ e la fatica è dentro là".
Il brano, erano gli anni 1974-75, faceva parte della colonna sonora del film Romanzo popolare di Mario Monicelli, ambientato tra le fabbriche di Sesto San Giovanni, tra la nebbia, le lotte sindacali, gli anni delle proteste, dei cortei e degli scontri in piazza. Nel film, insieme a Ugo Tognazzi e a Michele Placido, una giovanissima Ornella Muti interpretava Vincenzina, ragazza venuta dal Sud in cerca di nuove prospettive di vita.
Canzone e film rappresentano un insieme di suggestioni che sicuramente ronzava nella testa di Maria Rosaria Selo, talentuosa scrittrice di Napoli, alla sua seconda prova per Rizzoli dopo L'albero di mandarini (qui la nostra recensione), quando ha deciso di ambientare questo suo nuovo romanzo, Vincenzina ora lo sa, all'Italsider di Bagnoli. Non una fabbrica qualsiasi: l'Italsider, già Ilva, fabbrica di acciaio sorta, nei primi del Novecento, nel quartiere di Bagnoli, rappresentava il grande orgoglio del Sud, la speranza di trasformare il Mezzogiorno in un'area industriale, la mimesi del Nord, l'esempio concreto che anche il Sud Italia, Napoli in particolare, poteva concorrere allo sviluppo del Paese.

Negli anni '70, che non a caso rappresentano l'epoca in cui è ambientato il romanzo, l'Italsider aveva raggiunto la sua massima espansione e dava lavoro a circa 8mila addetti, più tutto l'indotto. Da lì in poi il declino, già raccontato da Ermanno Rea ne La dismissione, un romanzo importante, triste e lucido sullo smantellamento di ciò che restava della grande fabbrica di acciaio che aveva dato pane e stipendi a tante famiglie, ma che aveva portato con sé anche inquinamento e malattie. Quel 20 ottobre 1990, giorno dell'ultima colata, rimane impresso nella storia di Napoli e del Mezzogiorno.
Selo, carica di tutte queste suggestioni, ci regala un nuovo romanzo che torna a parlare della working class, senza sconti, senza giudizi e pregiudizi.

Siamo a Bagnoli, anni '70. Vincenzina studia all'Università di Napoli, sa che suo padre si spezza la schiena dentro o' cantiere, come tutti chiamano la fabbrica, per consentirle di avere una prospettiva diversa, la sogna insegnante e lei studia, studia, si appassiona, crede a un futuro diverso.
Fu così che Vincenzina crebbe, con gli ideali del padre stretti in pugno, i libri sotto al braccio e la voglia di interrompere un meccanismo che s'era inchiodato nella sua famiglia: "La fabbrica è un destino, non è una scelta..." (p. 44). 
Già il nonno infatti lavorava all'Italsider e ci aveva rimesso pure le gambe in un incidente di lavoro. Ma quel destino impietoso aspetta la ragazza dietro l'angolo. Vincenzina sa che o' cantiere dà la vita e la toglie e, come ha già fatto con tanti altri operai, un giorno si piglia pure quella di suo padre, il quale, prima di morire, le fa promettere una cosa sola: trasformarsi in capofamiglia per aiutare la madre, inabile al lavoro, e la sorellina più giovane. Altra soluzione non c'è: Vincenzina sa che deve lasciare gli studi ed entrare in fabbrica, al posto di suo padre, non all'altoforno, non adatto a una ragazza, ma come addetta alle pulizie.

Il romanzo coglie la formazione di Vincenzina, che, da ragazza studiosa, concentrata soltanto sul proprio futuro, deve trasformarsi in operaia, capofamiglia, responsabile anche della sorella minore. Il processo di crescita avverrà con la presa di coscienza operaia, che passa attraverso la sorellanza con le colleghe, Anna, Elena e Piera, donne apparentemente scontrose, ruvide, indurite dalla povertà e dalla fatica del lavoro, ma tanto umane, concrete e accoglienti, che la addentrano a tutti i segreti del mestiere, di o' cantiere e della vita stessa. 

Vincenzina, al lavoro, fa di tutto per onorare la memoria del padre quasi come se lui ancora potesse essere fiero di lei, come lo era quando portava a casa un bel voto. Quel padre, Ferdinando, che aveva dato la vita per la fabbrica. Orgoglioso della sua condizione di operaio, si era iscritto al Partito Comunista e partecipava a tutte le assemblee, i cortei, gli scioperi che potessero, in qualche modo, rendere più dignitoso il suo mestiere così usurante. Il suo e quello di tutti i suoi colleghi, per i quali Ferdinando era diventato un punto di riferimento. Vincenzina, che fin da bambina, ascoltava i racconti di quel padre tanto amato, sente su di sé tutta la responsabilità e, seppur nuova e nemmeno del mestiere, in capo a qualche settimana fa sua la condizione operaia e la interpreta nel migliore dei modi, capendo le giuste rivendicazioni e lottando per le tutele.

Sono gli anni duri degli scontri, dei cortei, delle infiltrazioni, la ragazza è giovane ma arguta, volenterosa e caparbia e in poco tempo saprà tornare a far sventolare quella bandiera rossa che suo padre custodiva gelosamente in bacheca per le occasioni. È la fabbrica stessa a darle occasione di maturare, quando crudelmente strappa la vita degli operai, così come le debolezze e le viltà della natura umana, quando per caso sente un sindacalista, che dovrebbe portare avanti le istanze dei lavoratori, mettersi d'accordo sottobanco con il capo del personale. Senza dignità e vergogna. Vincenzina ora lo sa.

All'interno di questo percorso di formazione operaia, s'innesta la vicenda familiare di Vincenzina, impersonata da sua sorella Giulia, con la quale non riesce ad avere un rapporto affettuoso. Sente quasi più sorelle le colleghe più grandi di o' cantiere. Troppo diversa da lei, Giulia è bella come il sole (quanto la maggiore invece non è... «Non tiene bellezza Vincenzina, ma forza e cervello», p. 17), con poca voglia di studiare, desiderosa di piacere ai ragazzi, di avere bei vestiti, innamorata dei soldi facili e sprezzante nei confronti della sorella maggiore, che, dal suo punto, di vista, non perde occasione di farle la morale. Per questo suo desiderio di avere tutto e subito, Giulia si caccerà in un guaio che la farà crescere. 

Vincenzina ora lo sa è un romanzo interessante, che ha saputo prendere la materia, forse ora un poco lontana, dell'Italia operaia anni '70, per trasformarla, grazie a una scrittura fluida e coinvolgente, in una storia ancora molto attuale.
Su tutte, emerge la figura della protagonista, virtuosa, coscienziosa, rispettosa, dotata di solidi principi e di grande dirittura morale... forse troppo. L'aver diviso in modo netto il male e il bene, il bianco e il nero tra le due sorelle è una soluzione molto schematica, manichea, che, seppur offra a Giulia il modo di riscattarsi, rimane nel romanzo come una cesura troppo netta. Questa viene accentuata dai dialoghi fra le due sorelle: a volte i discorsi di Vincenzina risultano troppo moralistici, un po' letterari e poco plausibili.

L'altro aspetto che mi ha lasciata in parte perplessa è il poco tempo nel quale si sviluppa la parte centrale del romanzo (lasciando perdere l'epilogo, troppo breve per costituire una parte consistente del libro): in poco più di tre mesi Vincenzina entra in fabbrica, diventa consapevole della coscienza operaia, trova le amicizie, l'amore, aiuta sua sorella, recupera il rapporto con sua madre... tutto troppo rapido. Il formarsi di una coscienza di classe operaia è un processo che abbisogna di molto più tempo e lavoro per consolidarsi, per diventare patrimonio intimo e piena consapevolezza. Forse Selo avrebbe potuto offrire più spazio temporale alla sua creatura letteraria per lasciare crescere in sé questa maturità, dipanando la storia nel giro di qualche anno.

Al di là di questo, il romanzo si innesta in quel filone di letteratura operaia o letteratura industriale che annovera nomi come Volponi, Calvino, Ottieri, il già citato Rea, e più recentemente Cosimo Argentina o anche, quanto meno per l'ambientazione, Acciaio di Silvia Avallone.
Selo riesce a darci una rappresentazione vivida e precisa dell'Italia del tempo che fa da cornice alla vicenda umana di Vincenzina. L'altro grande pregio del romanzo è aver reso o'cantiere un personaggio, un protagonista del racconto. Sembra quasi di entrare nelle cokerie, di sentire l'odore pungente dell'acciaio, di percepire il calore insopportabile vicino ai macchinari. Nelle pagine la fabbrica vive, sbuffa, puzza, fa rumore, scalda, brucia, avvelena mentre gli operai si spaccano la schiena, pronti però a raddrizzarla, durante i cortei, per rivendicare condizioni di lavoro umane e dignitose. 
Vincenzina davanti alla fabbrica/ Vincenzina vuol bene alla fabbrica/ E non sa che la vita giù in fabbrica non c'è/ Se c'è, com'è? (Enzo Jannacci)

Sabrina Miglio